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I sacramenti (4): Linguaggio dei segni per l’invisibile

Un sacramento senza “signum” e senza “res”? È impossibile. È ciò che è scritto nel Catechismo neo-apostolico. È strano? Forse, ma ci sono dei buoni motivi – piccolo viaggio nel V° secolo.

 
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Certo, il Battesimo e la Santa Cena sono ben sicuri nella Bibbia. Però, lo stesso termine “sacramento” non vi appare. La parola è apparsa tra i cristiani solo nel momento in cui il termine giuridico “sacramentum” e il termine biblico “mysterion” sono stati uniti.

Era l’opera di Tertulliano, il primo scrittore religioso latino dell’inizio del terzo secolo. Non ha redatto nessuna dottrina elaborata del sacramento. È Agostino d’Ippona che se ne occupò quasi 200 anni dopo; è considerato il padre della Chiesa latina più influente.

Per sé stesso o per altro

Il fondamento della sua dottrina dei sacramenti è una dottrina dei segni universali. Questa fa la distinzione fondamentale tra la realtà (“res”) e il segno (“signum”). Una realtà è valida solo per sé stessa: un pezzetto di legno è un pezzetto di legno, un animale è un animale e una pietra è una pietra.

I segni, tuttavia, rinviano ad altro che a sé stessi. Questa caratteristica fa che le realtà siano dei segni. Agostino cita come esempi il legno che Mosè ha gettato nell’acqua amara, l’animale che Abramo ha sacrificato al posto di Isacco o la pietra sulla quale Giacobbe ha poggiato la sua testa.

Una questione d’intenzione

Divide ancora i segni in due categorie: “naturali” e “dati”. I segni naturali rinviano senza intenzione cosciente ad una cosa, come il fumo che è un segno di fuoco. I segni dati seguono, invece, un’intenzione di conoscere qualcosa.

La forma più pura del segno, per il dottore della Chiesa, è la “parola”. Perché l’unico scopo della parola è di definire qualcos’altro.

È la parola che fa tutto

Ed è così che Agostino definisce anche i sacramenti: come segni consciamente dati, che rendono visibile una realtà divina invisibile (“res divinæ”). Per lui, sono più che simboli, producono esattamente ciò che indicano. Così il Battesimo rappresenta non solo la nuova alleanza con Dio, la giustifica anche.

Un sacramento non funziona così semplicemente: un atto effettuato con l’elemento acqua non fa pertanto un Battesimo. Bisogna pure che la parola proveniente dalla fede riveli il significato dell’evento.

La Bibbia come riferimento

Una cosa naturale, alla quale si aggiunge un atto concreto, dà una forza spirituale: questa è la formula di Agostino che costituisce il sacramento. Ed è esattamente questo concetto che si trova nel Nuovo Testamento – soprattutto quando l’apostolo Paolo chiede: “Il calice della benedizione,  che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo?” (I Corinzi 10, 16)

 Quanto all’efficacia della parola, il dottore della legge la trova anche presso Cristo stesso, per esempio quando Gesù dice ai suoi discepoli, nel suo discorso d’addio: “Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata.” (Giovanni 15, 3)

La dottrina dei sacramenti di Agostino d’Ippona è così fondamentale che nessuno osa affrontare il tema di nuovo per molti secoli. Però, un giorno, nasce una contestazione: si tratta del problema di sapere ciò che rende una sacramento valido e quanti ce ne sono. Sarà l’oggetto dei due prossimi articoli di questa serie.

 

Fotografie: Constantinos - stock.adobe.com
Autore: Andreas Rother
Data: 05.03.2020
Categorie: Fede