Il venerdì che precede la Pasqua è un giorno silenzioso. Chi ha già conosciuto il lutto sa quanto può fare del bene il silenzio. I compagni di Gesù erano anche loro in lutto. Hanno visto il loro maestro torturato, crocifisso e ucciso. Hanno vissuto questi atti barbarici molto da vicino …
A dire il vero, il Venerdì Santo si basa su di una motivazione positiva: “Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?” (Luca 24, 26). Sì, era necessario. Come osservazione, questo si capisce rapidamente, è teorica ed è quasi irrilevante. In pratica, è tutt’altra cosa. Ma chiunque è già stato colpito, torturato, terrorizzato ed umiliato nella sua vita, avrà una consapevolezza diversa di questo problema. Sì, certo, si dice: “Tutto è bene quel che finisce bene”, ma nessuno vuole realmente soffrire.
La storia di Gesù Cristo sofferente è presto raccontata, ne parlano i Vangeli del Nuovo Testamento. Questi testi sono redatti in modo tale che non vi è espressa la brutalità dell’evento. Si sarebbe potuto scrivere altrimenti:
“Dall’ora sesta si fecero tenebre su tutto il paese, fino all’ora nona. E, verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: ‘Elì, Elì, lamà sabactàni?’ cioè: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’ Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: ‘Costui chiama Elia’. E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, inzuppatala di aceto, la pose in cima a una canna e gli diede da bere. Ma gli altri dicevano: ‘Lascia, vediamo se Elia viene a salvarlo’. E Gesù, avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito.” (Matteo 27, 45-50).
Si insedia il silenzio. Finalmente il silenzio…
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Autore: Peter Johanning
Data: 15.04.2022
Categorie:
Fede